E così il governo grillino cancella pure il Totocalcio. Eppure avrei giurato che almeno – 1 X 2 – sapevano scriverlo.
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Mancano le parole, ormai, per descrivere lo sfascio di Roma. E manca anche il respiro quando cammini a piedi, o cerchi di farlo con lo slalom tra i rifiuti, per il cattivo odore che emana da quei cumuli di immondizia, anche in pieno centro.
E manca anche la faccia di guardare in… faccia quei poveri turisti giapponesi, coreani, americani, che non riescono a capire perché il bus dell’Atac li pianti in mezzo ad una strada. “Perché s’è rotto, a me è la terza volta che succede in tre giorni” bisbiglia un pensionato. Perché ormai manca pure la voce di protestare in questa Roma.
Faccia Lei uno sforzo, signora Raggi: tiri fuori un battito di voce per chiedere scusa. E poi tiri fuori una penna per firmare le dimissioni.
Pasti per chi è in difficoltà, vicinanza ai diversamente abili, sostegno ai progetti per minori a rischio… Questo ed altro fanno alcune aziende del Lazio, vere eccellenze anche nella solidarietà.
Oggi su Lazio Sette, l’inserto di Avvenire, provo a raccontare alcuni esempi, dalla Findus di Cisterna alla Leonardo di Frosinone-Anagni fino a La Villa di Venere di Torvaianica.
Le polemiche non servono, mai. Figuriamoci poi in momenti come questi. Ma è altrettanto vero che certe cose bisogna pur dirle, se le hai dentro e ti senti esplodere, se la faccia vuoi mettercela sempre, come ti ha insegnato un amico prete.
Antonio aveva 28 anni e faceva il giornalista. Passeggiava per i mercatini di Strasburgo, come avrebbe fatto qualsiasi altra persona durante una pausa del suo lavoro. In quelle stesse ore, mentre Antonio moriva, il vicepresidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio ribadiva tutta l’acredine, sua e del suo partito, contro i giornali e i giornalisti.
Io – senza ironia – rispetto l’On. Di Maio per il ruolo istituzionale che ricopre; anche se non mi rappresenta, visto che la sua parte politica fa sfoggio di essere anticristiana e in alcuni tratti ricorda certi regimi comunisti. In questo tourbillon politico-istituzionale, l’On Di Maio – e in misura financo peggiore alcuni suoi colleghi di partito – ha dunque infilato anche questa bramosia di distruggere giornali e giornalisti. Però almeno in queste ore poteva tacere. Mentre Antonio moriva. Antonio, 28 anni, giornalista.
Il santuario della Madonna di Canneto sorge sulle montagne della Ciociaria, a ridosso del parco nazionale di Abruzzo-Lazio-Molise. Ma il suo culto è diffuso in tutto il mondo, dal Canada all’America del Sud, fino ad arrivare in India per vie misteriose. Provo a scriverne in un reportage sul numero di questa settimana di “Maria con te”.
Corinaldo, Corinaldo… da due giorni, da quando lo sento alla tv e lo leggo sui giornali per la strage della discoteca, il nome di questo paese mi risuona nella testa.
Poco fa finalmente l’ho ricollegato: qui nacque, nell’ottobre del 1890, Maria Goretti, futura Santa. Li visse poco (i suoi si trasferirono prima nelle campagne ciociare e poi dalle parti di Nettuno in cerca di terra da coltivare) ma la casa natale della giovinetta è ancora visibile, peraltro a poca distanza dalla discoteca dove hanno perso la vita quei 5 ragazzini e una giovane mamma.
Erano tempi diversi, quelli. Era anche una gioventù diversa, un substrato di valori familiari differenti, molto differenti da quelli di oggi. Che già chiamarli “valori” è una bestemmia in piena regola. Allora, si cantavano le canzoni popolari nei campi, le lodi a Dio alla Messa dell’alba, si strappava un altro tozzo di pane per mandare comunque un figlio a scuola. Nessuno “cantava” la droga, le assai presunte “libertà” di ogni tipo che ti portano a veder spuntare il giorno dietro un vuoto assoluto e l’ansia di genitori che aspettano, tanto meno sbeffeggiava l’istruzione.
E’ a Maria Goretti, la piccola grande Santa della purezza,che tanti giovani dovrebbero prendere a modello per ridare un senso a vite così vacuamente fuori dall’ordinario (e figuriamoci poi dallo straordinario che c’è in ogni esistenza umana), è a lei che mi sento di affidare quei ragazzini, quella mamma. Insieme a tutto il dolore ora scolpito in chi prosegue sulla strada di questo pellegrinaggio terreno. Che solo noi rendiamo più mesto.