Archivi categoria: Povera voce

La Croce (come una preghiera)

La Croce

prova a raddrizzare

il legno storto che ho dentro,

di uomo e solo uomo.

 

Sotto la tua Croce, cantavano

quei giovani che mai ho incontrato

nei passi confusi,

di uomo e solo uomo.

 

Sta ferma, mentre il mondo gira:

la Croce. Ho letto

su un muro, preghiera inespressa,

di uomo e solo uomo.

 

Tu, o Croce,

prova a raddrizzare

ogni cosa.

E poi a soddisfare

fame e sete

di uomo, non più solo uomo.

(gennaio 2019)

Un nuovo inizio

Il 2019, attese e speranze. E come Chiesa locale subito due appuntamenti: la Marcia della Pace a Sgurgola e un incontro sul Cammino di Santiago ad Alatri

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Un nuovo anno spesso coincide, almeno nelle intenzioni, con un nuovo inizio. Da bambini sono promesse del tipo “non lo faccio più”: Da adulti il più delle volte diventano speranze. E non è detto che non vada bene: la speranza muove i cuori, spesso li fa correre e comunque li rimette in cammino. Ecco, come comunità ecclesiale abbiamo bisogno di continuarlo questo cammino. E di invitare ed accogliere sempre più persone a camminare con noi.

Le ragioni profonde della gioia di un nuovo anno che inizia le spiega molto meglio il nostro vescovo Lorenzo nella riflessione alle pagine 2-3 e dove, tra l’altro, esorta così: < Il passaggio da un anno all’altro costringe il cuore nostro a prendere posizione e a decidere da che parte stare. Più che il registro del lamento e della rivendicazione, muoviamo quello della riconoscenza e della lode per tanti doni e, soprattutto, per quello della speranza basata sulla fede nella promessa di Dio. Entriamo nel nuovo tratto di tempo che ci viene donato con una fede di figli, non di ragionieri>.

Qui invece vogliamo brevemente rimarcare due eventi di inizio anno che coinvolgono questa Chiesa locale e hanno proprio il sapore genuino, come un buon pane fragrante, della marcia, del camminare insieme. Iniziamo da Sgurgola dove sabato 26 gennaio, nel primo pomeriggio, si terrà la tradizionale “Marcia della pace”, promossa dall’Azione Cattolica diocesana. Il tema di quest’anno è: <La buona politica è al servizio della pace>. Un argomento che non ci dovrebbe far dormire la notte, tante e tali sono le contingenze odierne riferite sia alla politica che alla pace.

Ad Alatri invece, presso la parrocchia di San Francesco, domenica 27 alle 18.30  si parlerà del Cammino di Santiago, con uno dei padri Guanelliani che, insieme alle religiose dello stesso Ordine, curano proprio questa missione. Ogni anno sono tanti i giovani, ma non solo, che partono anche dalla nostra Diocesi per mettersi su quel Cammino: farci raccontare le ragioni di quel loro muoversi, potrebbe dare un senso anche al nostro.

(Un’ultima annotazione: con questo numero, “Anagni-Alatri Uno” entra ufficialmente nel suo ventesimo anno di vita. Anche per questo giornale si tratta di continuare un cammino. E farlo tutti insieme sarà ancora più bello).

Antonio, 28 anni. Giornalista

Le polemiche non servono, mai. Figuriamoci poi in momenti come questi. Ma è altrettanto vero che certe cose bisogna pur dirle, se le hai dentro e ti senti esplodere, se la faccia vuoi mettercela sempre, come ti ha insegnato un amico prete.

Antonio aveva 28 anni e faceva il giornalista. Passeggiava per i mercatini di Strasburgo, come avrebbe fatto qualsiasi altra persona durante una pausa del suo lavoro. In quelle stesse ore, mentre Antonio moriva, il vicepresidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio ribadiva tutta l’acredine, sua e del suo partito, contro i giornali e i giornalisti.

Io – senza ironia – rispetto l’On. Di Maio per il ruolo istituzionale che ricopre; anche se non mi rappresenta, visto che la sua parte politica fa sfoggio di essere anticristiana e in alcuni tratti ricorda certi regimi comunisti. In questo tourbillon politico-istituzionale, l’On Di Maio – e in misura financo peggiore alcuni suoi colleghi di partito – ha dunque infilato anche questa bramosia di distruggere giornali e giornalisti. Però almeno in queste ore poteva tacere. Mentre Antonio moriva. Antonio, 28 anni, giornalista.

 

Maria Goretti veglia sui morti di Corinaldo

Corinaldo, Corinaldo… da due giorni, da quando lo sento alla tv e lo leggo sui giornali per la strage della discoteca, il nome di questo paese mi risuona nella testa.

Poco fa finalmente l’ho ricollegato: qui nacque, nell’ottobre del 1890, Maria Goretti, futura Santa. Li visse poco (i suoi si trasferirono prima nelle campagne ciociare e poi dalle parti di Nettuno in cerca di terra da coltivare) ma la casa natale della giovinetta è ancora visibile, peraltro a poca distanza dalla discoteca dove hanno perso la vita quei 5 ragazzini e una giovane mamma.

Erano tempi diversi, quelli. Era anche una gioventù diversa, un substrato di valori familiari differenti, molto differenti da quelli di oggi. Che già chiamarli “valori” è una bestemmia in piena regola. Allora,  si cantavano le canzoni popolari nei campi, le lodi a Dio alla Messa dell’alba, si strappava un altro tozzo di pane per mandare comunque un figlio a scuola. Nessuno “cantava” la droga, le assai presunte “libertà” di ogni tipo che ti portano a veder spuntare il giorno dietro un vuoto assoluto e l’ansia di genitori che aspettano, tanto meno sbeffeggiava l’istruzione.

E’ a Maria Goretti, la piccola grande Santa della purezza,che tanti giovani dovrebbero prendere a modello per ridare un senso a vite così vacuamente fuori dall’ordinario (e figuriamoci poi dallo straordinario che c’è in ogni esistenza umana), è a lei che mi sento di affidare quei ragazzini, quella mamma.  Insieme a tutto il dolore ora scolpito in chi prosegue sulla strada di questo pellegrinaggio terreno. Che solo noi rendiamo più mesto.

Buon Avvento (della Speranza) a tutti

Buon Avvento a tutti.

(io accendo la candela della Speranza. Quella virtù che, come dice papa Francesco, “Non è ottimismo, ma molto di più”. L’accendo, col desiderio di tenerla viva, di non farla spegnere: per quanto fiammella possa essere, cercherò di mantenerla accesa per arrivare al Natale vero, quello che ci porterà al Gesù che ri-nasce).

Eremiti: altro che fuori dal mondo

Gli eremiti mi ricordano tanto le monache di clausura: il loro pregare è essenziale per la Chiesa, per i cristiani, per il mondo intero.

Dicono che sono persone fuori dal mondo, ma è una diceria, è un dato basato  solo sull’apparente: il silenzio, il nascondimento, la preghiera per l’appunto, consentono loro di essere “nel mondo” molto più di noi.

E sul settimanale “Credere” provo a raccontare la storia di don Raffaele Busnelli, il parroco che ha deciso di farsi eremita, scegliendo così una vocazione nella vocazione.