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Anche i silenzi inquinano

Servono i convegni, eccome se servono, quando sono ben organizzati e quando quelli che vi partecipano hanno qualcosa da dire. Questa mattina, ad esempio, a Frosinone, ho partecipato a “Comunicare le emergenze ambientali”, organizzato dalla diocesi frusinate, dall’Ucsi, dalla conferenza episcopale del Lazio e dall’associazione dei maestri cattolici.

Non dirò di tutti gli interventi, comunque interessanti (i colleghi Toni Mira e Maurizio Di Schino, don Alessandro Paone che è delegato regionale per le comunicazioni sociali, il giovane ricercatore Andrea Crescenzi, il ruolo di moderatore sempre puntuale svolto da Pietro Alviti) ma su un paio proverò a focalizzare alcune cose. Ad iniziare dal vescovo Ambrogio Spreafico che, da pastore attento, da anni sta portando avanti – spesso in solitaria – la battaglia per il risanamento della Valle del Sacco, con tante denunce e anche atti concreti attraverso la coop Diaconia. Lo ha ribadito anche stamane: <Non starò zitto, perché quello che è successo qui è anche frutto di tanti silenzi>, garantendo poi che vigilerà personalmente sulla destinazione dei 52 milioni di euro (di certo insufficienti ma comunque un inizio) destinati dal governo Conte 1 per questa Valle, uno dei siti più inquinati d’Italia (domani sulle pagine nazionali di Avvenire un altro articolo con le parole di monsignor Spreafico).

E poi l’intervento di Alessio Porcu, alla guida giornalistica di quel miracolo che da 30 anni (31 a dicembre per la precisione) è Tele Universo. La sua è stata una difesa appassionata, senza peli sulla lingua e mezze parole, della categoria giornalistica, da troppi presa a bersaglio invece di una tutela che può essere anche accompagnamento, anche critica ma mai fine a sé stessa.

<Teneteveli stretti questi giornalisti> ha tuonato Porcu, sottolineando come oramai non se ne trovano neppure più di giovani disposti a imbarcarsi questa professione.

Ma soprattutto Porcu non le ha mandate a dire – almeno così io ho còlto il suo intervento – agli insegnanti (ovviamente con questo non si intende l’intera categoria,  e chi eventualmente s’adonta per questi pensieri o ha la coda di paglia o non li ha capiti), invitandoli a tornare ad insegnare a leggere e a scrivere, ad alfabetizzare i giovani, i lettori-cittadini di domani. Oggi che di lettori in giro già ce ne sono pochi, sempre di meno, e magari proprio la scuola una qualche responsabilità ce l’ha. E allora, ha invitato Porcu, ripartiamo tutti insieme – giornalisti (con tutti i loro difetti ed errori) ed insegnanti – per uscire da questo che pare un tunnel senza fine. Ma che forse non lo è…

 

Buon mese di ottobre, missionario

Oggi inizia ottobre e, per me e per tanti, ottobre è sinonimo di mese missionario. Ma anche di nostalgia, per quel mese che da noi bambini veniva vissuto intensamente: preti e suore missionarie venivano in classe a raccontare di esperienze di terre lontane e noi a bocca aperta ad ascoltarli, il salvadanaio di cartone per raccogliere le 50 e 100 lire da destinare ai bambini poveri, i film per conoscere la vita dei santi missionari, sempre nella grande aula magna dell’Istituto De Mattias, a Frosinone, le cui suore proprio in questi giorni (foto) festeggiano i 50 anni di presenza in Tanzania.

Forse bisognerebbe ripartire proprio da lì per formare adulti di domani un po’ migliori. Certo, molto è cambiato, e se a un bambino di oggi vai a proporre dimetter da parte qualche euro per quelli come lui che muoiono di fame, magari ti risponde con una pernacchia e che lui con i risparmi deve comprare l’ultimo telefonino. Però, dai, perché non provarci?

Intanto, godiamoci – sì, perché la bellezza della Fede è anche un esprimere gioia – questo Mese straordinario della Missione voluto da papa Francesco.