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A preparare le Palme

di questa Quaresima –

Noi ragazzi andavano di buon mattino in parrocchia, alla Domenica delle Palme: bisognava preparare una marea di rami d’ulivo, tagliarli per bene, metterli in tanti scatoloni all’ingresso e dentro, in modo che ogni fedele potesse prenderli. Poi si restava fino a tardi, ben oltre l’ora di pranzo, per ripulire la chiesa e il cortile dove il parroco aveva benedetto i rami d’ulivo. Ecco, ho nostalgia di quei tempi. E non solo perché in questo tempo non potremmo alzare il ramo d’ulivo a raccogliere la benedizione.

 

Semplicità

di questa Quaresima –

Oggi in tanti stanno avendo un pensiero per san Giovanni Paolo II, nel 15° della morte. Lo vedo, lo leggo sui social, anche da parte di persone (almeno apparentemente) “lontane”.  Sono tutti pensieri bellissimi, anche i più semplici. Anzi: soprattutto i più semplici. Perché Lui era così: di quella semplicità che entra nel cuore, e lo trasforma.

LE MALINCONIE

di questa Quaresima –

è anche la malinconia che risale e assale, e che prova a diventare poesia: questa…

LE MALINCONIE

Le malinconie, tutte assieme:

tappo allo stomaco,

gola in fiamme che neppure la saliva

dei ricordi spegne.

 

Le malinconie, strane amiche:

giocano a rimpattino,

corrono in fretta più veloci

del vento che sibila nomi e facce.

 

Le malinconie, assurda poesia:

versi che non scorrono,

eppure ti cantavo in rima

ed eri amore uno dopo l’altro.

 

L’acqua che non disseta

di questa Quaresima –

Mi è accaduto davvero tantissime notti fa, ma spesso il pensiero mi torna in mente anche di giorno, come un incubo a occhi aperti: mi sveglio in piena notte, gola e labbra secche, un’arsura incredibile. Vado in cucina, prendo il bicchiere e mando tutto giù, ma non provo alcun sollievo. In realtà, forse per il sonno, non avevo messo neanche un goccio d’acqua nel bicchiere. Ecco, allora ho provato cosa vuol dire “l’acqua che non disseta”. E purtroppo, ne sono pieni i pozzi attorno a noi.

Il rifugio (con l’amico del cuore)

di questa Quaresima –

“Ci facciamo un rifugio?”. Quante volte abbiamo pronunciato questa frase da bambini, e poi subito a costruircelo quel rifugio: una improbabile casa sull’albero, una capanna sulle rive di un torrente, una casupola di stracci in mezzo ad un canneto. Però era tutto così bello: starsene da soli, con l’amico del cuore. Avessimo un po’ di memoria, lo ritroveremmo quell’amico. E sarebbe di nuovo un bel rifugiarsi.

Requiem aeternam

di questa Quaresima –

Probabilmente è “L’eterno riposo” la preghiera che, da bambini, si impara più tardi. Perché l’Ave Maria è un dono delle nonne, prima ancora mamme; l’Angelo di Dio un sussurro delle mamme, nei lettini ancora profumati di infanzia; il Padre nostro è un lascito delle prime Messe, anche di quelle che si andava per continuare a fare il filo alle ragazzette.

L’Eterno riposo no: lo abbiamo imparato da soli, spesso a spese nostre, davanti al legno silenzioso di una bara. Adesso, invece, quante volte la ripetiamo? Forse troppe, Signore (è anche questa è una preghiera).

Stella polare

di questa Quaresima –

La guardo ancora una volta, anche perché, digiuno come sono di astronomia, è l’unica stella che ri-conosco lassù in cielo: la stella polare.

E subito, in automatico, mi parte il ritornello di quella canzone cantata non so quante volte in Chiesa: “la stella polare Tu, la stella sicura Tu, al centro del mio cuore ci sei solo Tu…”.  E penso di aver smarrito proprio quello: il centro del cuore, la stella polare.