L’Unione Europea ha varato un nuovo “piano” nella lotta contro il cancro, con 10 azioni-faro e una dotazione di 4 miliardi di euro. Oggi su Avvenire, con il parere del professor Scanni, presidente del Collegio italiani dei primari oncologi medici ospedalieri.
Archivi del mese: febbraio 2021
PAROLE DI QUARESIMA (1): nostalgia
Lockdown e giornate in casa: boom della pigiameria
La giornata del malato vissuta (ogni giorno) dai cappellani ospedalieri
Non solo Covid nell’Africa subsahariana
Grande attenzione per il Covid, ma con il rischio di lasciare indietro le altre malattie (dalla malaria all’aids) che nell’Africa subsahariana continuano a seminare morte. E’ l’allarme che lancia Sabrina Atturo, della Fondazione Magis, responsabile di un grande progetto di cooperazione italiana in Ciad. Oggi su Avvenire.
Scrittore da Oscar (perché i libri danno la felicità)
Nicola Lecca è uno degli scrittori italiani contemporanei più bravi e soprattutto più “leggibili” (e le due cose ovviamente si fondono): una pagina tira via l’altra e, arrivato all’ultima, vorresti che questa “finitudine” non fosse mai tale. Ha scritto libri deliziosi, come l’ultimo “Il treno di cristallo” o gli altrettanti superbi “Hotel Borg”, “Ghiacciofuoco”, “I colori dopo il bianco” e “La piramide del caffè”.
A proposito: adesso “La piramide” arriva negli Oscar Mondadori, a otto anni dalla pubblicazione: un altro bel traguardo per Lecca. E quindi, se nel 2013 ve lo siete malauguratamente perduto, ecco che avete l’occasione di rifarvi di una piacevole lettura, di una storia appassionante, tra Londra e l’Ungheria. Già, perché un’altra cifra dello Scrittore è quella di essere un sardo prestato al mondo: l’Islanda, Vienna, Barcellona, l’Austria e Venezia. E il piacere del viaggio – mai imprudentemente fine a se stesso – lo ritroverete anche ne “La piramide del caffè”. Il viaggio che si fa scrittura e poi lettura, quel viaggio che sa andare controcorrente, che rimette a posto le cose, gli ormeggi e le scialuppe della vita perché, come diceva Seneca, in realtà “non esiste vento favorevole per le barche alla deriva” (queste parole Morgan, uno dei protagonisti del libro che non a caso fa il libraio, se le era appuntate da ragazzino e poi l’hanno aiutato nella ricerca della felicità).
Edilizia in crisi, nel Lazio troppi lavoratori a rischio
Cardamone ci stupisce ancora (e sempre)
Prendendo in prestito il titolo di questa sua nuova raccolta di poesie, potremmo dire senza ombra di dubbio che Alfonso Cardamone “ci stupisce ancora”, trascinandoci sì un’altra volta nei meandri di una poetica che oramai ci picchiamo di conoscere, ma lasciando sulla pagina una serie di impressioni nuove, o almeno non del tutto enucleate nelle raccolte precedenti.
Perché in questa “degli stupori ancora”, uscita per i tipi della cosentina “Luigi Pellegrini Editore”, ritornano in maniera centrale il mare e la notte – come argomenta in maniera sicuramente più calzante del sottoscritto l’amico Marcello Carlino nella prefazione – ma di entrambi Alfonso Cardamone offre ora prospettive diverse e inedite. Più che la notte, stavolta Alfonso squarcia il velo di tanta oscurità della “nottenottenottenotte”, titolo di una delle poesie che abbiamo trovato più coinvolgenti-avvolgenti, e che fa così: “a volte non c’è altro/da dire quando arriva/la notte che balbettare/nottenottenottenotte/perché arduo appare il guado/e l’eco rimbomba e ci sovrasta”.
Giocando con le parole, più che la notte, Cardamone scopre la verità, e dunque la necessità, di quelle notti che mai ci consentono di dormire: perché non vadano sprecate, perché i sogni non svaniscano con l’ennesima alba, neppure “al crepuscolo inquieto delle veglie”, altro componimento da dieci e lode, che invece fa così: “al crepuscolo inquieto delle veglie/il battere alle porte della notte/scardina il tempo l’eco confusa/di regioni altre mentre i sogni/interrogano dal fondo”.
E poi c’è il mare: eterno, vasto come la vita, pescoso per l’hobby di Alfonso con le ore di una canna piantata sul bagnasciuga di Sabaudia, ma pescoso assai di più di parole che si fanno versi: “là dove riposa il mare/là screziando nasce il cielo/dietro abbaglianti schermi/la vita schiumando scorre”.
Ecco, c’è anche in questa raccolta nuova dell’amico Alfonso anche un gran senso della vita che scorre, immaginiamo per l’ineluttabile dato anagrafico: qui il Poeta è un tutt’uno con l’Uomo che mi picco di conoscere da decenni, che non trova appigli di speranza, tanto meno di quella cristiana, e quest’ultima forse neppure cercata. Piuttosto s’attovaglia (ma non si imbavaglia) attorno ad una “laicità libertaria”, altro titolo di una sua poesia, che per fortuna – sua e anche nostra – non è laicismo esasperato, ridotto a inutile poltiglia politica. No, Alfonso Cardamone è d’altra pasta e di altri e alti Versi: è lo stupore di lasciarsi davvero stupire anche da “la bellezza breve”, la poesia per noi davvero più compiuta di questa deliziosa raccolta: “vivere in un bungalow/affacciato al mare/il mattino il sole dritto/negli occhi lo scoglio/è piatto unico e sconfinato/territorio è possibile solo/se invasi d’amore”.