Lamentarsi, e basta: vedi alla voce “accidia”

di questa Quaresima –

Ci sono parole che sappiamo appena dire, magari snocciolare per fare sfoggio di una cultura che non c’è. Poi, quando ci planano dentro, ne restiamo estasiati e vorremmo averle conosciute da sempre, perché sentiamo che possono cambiarci in meglio. Ma poi stentiamo a riconoscerle, perché oramai fanno parte di noi. Prendiamo “accidia”.

Stamattina ne ha parlato papa Francesco, tratteggiando nell’omelia il dialogo tra Gesù e il malato presso la piscina di Betzatà. Quest’ultimo, ha detto il pontefice <era malato nel cuore, era malato nell’anima, era malato di pessimismo, era malato di tristezza, era malato di accidia>. E il suo peccato era <di sopravvivere e lamentarsi della vita degli altri: il peccato della tristezza che è il seme del diavolo, di quella incapacità di prendere una decisione sulla propria vita, di guardare la vita degli altri per lamentarsi. Mi fa pensare a tanti di noi, a tanti cristiani che vivono questo stato di accidia, incapaci di fare qualcosa ma lamentandosi di tutto>.

Ecco perché stentiamo a riconoscere questo nostro peccato, così moderno, che si chiama accidia.

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