Ieri a Roma un interessante convegno su libertà e responsabilità nell’informazione, alla presenza di direttori e giornalisti autorevoli. Oggi su Avvenire.
Archivi del mese: novembre 2019
Gli occhi di Guglielmo (forza, non chiuderli proprio adesso)
Il caso dell’omicidio della povera Serena Mollicone lo seguii dal primo giorno, per “Il Giornale”, insieme (se non ricordo male) a due cronisti del calibro di Gian Marco Chiocci e Max Scafi. Il giorno del funerale s’era sparsa la voce che i giornalisti in chiesa non potevano entrare, eppure quel “pezzo dei funerali” andava fatto. Utilizzai le mie solite conoscenze sacerdotali e convinsi un prete a farmi entrare in canonica, per un (inesistente) bisogno fisiologico impellente, e da lì scivolai in chiesa. Ma poliziotti e carabinieri mi conoscevano e non potevo correre il rischio che mi sbattessero fuori; allora mi acquattai nel confessionale, espediente che poi usai in un altro funerale per un altro servizio di cronaca (e sempre col timore che arrivasse una vecchietta a confessarsi…). La cerimonia ebbe inizio e saltai fuori, arrivando praticamente dietro a Guglielmo, chino sul feretro della figlia, tanto che mi si nota in molte immagini e foto di quel rito.
Ma non ricordo tutto questo per vantarmi di chissà che cosa, piuttosto per un altro ricordo: all’improvviso vennero degli investigatori per invitare platealmente Guglielmo a seguirli in caserma (altro fatto stranissimo di quell’indagine: gli chiesero proprio allora di firmare il verbale per il ritrovamento del cellulare di Serena, stranamente mai rinvenuto in casa prima di allora…).
Guglielmo Mollicone si voltò per un attimo e incrociai i suoi occhi: li trovai – e li ricordo ancora oggi – spenti, quasi terrorizzati, come invocassero aiuto. Ma soprattutto cercavano, 18 anni fa come oggi, Verità e Giustizia (mai vendetta, perché questa non appartiene agli Uomini miti).
Ecco perché, caro signor Guglielmo Mollicone, non puoi mollare e spegnere per sempre quegli occhi proprio adesso. Adesso che sei ad un passo da Verità e Giustizia.
Gli occhi che guardano
Doposcuola di integrazione
Nelle mani degli adulti
ECCO IL TESTO INTEGRALE DEL MIO EDITORIALE PUBBLICATO SUL NUMERO DI NOVEMBRE DI “ANAGNI-ALATRI UNO”, MENSILE DELLA DIOCESI DI ANAGNI-ALATRI:
Quella che unisce gli adulti ai giovani, e viceversa, non è solo questione di sangue o anagrafica; in gioco – e non sono paroloni o frasi fatte – c’è infatti il futuro dell’umanità, c’è tutto un mondo da ri-costruire, da prendere per mano e in mano, da consegnare alle nuove generazioni. Ecco perché accogliamo con particolare favore la decisione del vescovo Lorenzo di aprire il nuovo anno pastorale rivolgendosi proprio agli adulti, in maniera schietta e diretta, perché accompagnino i giovani.
La “Lettera agli adulti” scritta dal vescovo è stata già distribuita in tutte le parrocchie e la trovate pubblicata integralmente anche in questo numero del mensile diocesano, a partire dalla seconda pagina. Ma alcune cose vanno ulteriormente sottolineate, ad iniziare dall’invito del presule a non perdere tempo rispetto alle istanze, al grido che arriva da quei giovani che <hanno bisogno di sentirsi dire, da ciascuno di noi, una semplice ma fondamentale parola: “Tu mi interessi”>.
Ascoltare e accompagnare: questo viene richiesto agli adulti, in famiglia come a scuola e in parrocchia. Certo, nessuno nasconde le difficoltà che un percorso del genere prevede e nasconde. E che comunque si possono “stanare” con la forza della preghiera e con altri suggerimenti che il vescovo Loppa fornisce nella “Lettera agli adulti”. Ne rimarchiamo uno, diretto e indispensabile, che chiama in causa ogni genitore, ogni insegnante, ogni educatore, ogni parroco e religioso: <Ci dobbiamo impegnare a proporci con una faccia diversa, più positiva, più gioiosa, più affabile e più accogliente>. Il tempo dei musi lunghi, del rinchiudersi in gusci niente affatto protettivi, è pure quello tempo inutilmente e banalmente sprecato. E non ce lo possiamo permettere, come uomini e prima ancora come cristiani.