Di Valerio Mello non conosco personalmente neanche le sembianze. Credo di non averne mai sentito, magari al telefono, neppure la voce. Eppure so della sua Poesia. Conoscenza su conoscenza oramai da diversi anni, da un primo suo libro arrivato forse per caso, ma non per caso poi recensito: dentro, si sentiva, c’era la Poesia.
Di libro in libro, Valerio Mello me li ha donati un po’ tutti: altra Poesia dentro i pacchetti del corriere espresso.
Mello scrive e pubblica versi da quando era giovanissimo (il primo, nel 2010, e oggi ha 34 anni) e ad ogni nuova raccolta si coglie in pieno un’altra – perché quella dopo sarà ancora migliore – maturità raggiunta.
Adesso arriva “Da qualche parte nella vita”, pubblicato per i tipi di Italic di Ancona: un libro di rara e struggente bellezza (lo so, un po’ è una frase fatta, ma le cose stanno esattamente così).
L’Autore fa sapere nella nota di aver scritto alcuni di questi versi tra Milano e Varazze: e in effetti si stente forte l’impronta della città grande (<Ora più forte sulla pozzanghera/una grancassa di rotaie,/istantaneo bagliore d’increspatura/ Finestre con le fronde confuse in Largo Cairoli,/ finestre sui giorni di cera./Io vivo, io sono ciò che scrivo>) e lo stridìo dei gabbiani (<Da quale punto s’immagina/osservata la cineraria?/Improvvisa uno sguardo/dalle ampie aperture,/accanto a me; e sente il mare che le appartiene per mistero (…)>.
Ma l’impronta più forte è proprio quella della Poesia, come in “Rami”, la più delicatamente breve, come forse è breve la Bellezza: <E’ incompiuto il dire/Tu sai perché il verso non potrà finire>.