Le polemiche non servono, mai. Figuriamoci poi in momenti come questi. Ma è altrettanto vero che certe cose bisogna pur dirle, se le hai dentro e ti senti esplodere, se la faccia vuoi mettercela sempre, come ti ha insegnato un amico prete.
Antonio aveva 28 anni e faceva il giornalista. Passeggiava per i mercatini di Strasburgo, come avrebbe fatto qualsiasi altra persona durante una pausa del suo lavoro. In quelle stesse ore, mentre Antonio moriva, il vicepresidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio ribadiva tutta l’acredine, sua e del suo partito, contro i giornali e i giornalisti.
Io – senza ironia – rispetto l’On. Di Maio per il ruolo istituzionale che ricopre; anche se non mi rappresenta, visto che la sua parte politica fa sfoggio di essere anticristiana e in alcuni tratti ricorda certi regimi comunisti. In questo tourbillon politico-istituzionale, l’On Di Maio – e in misura financo peggiore alcuni suoi colleghi di partito – ha dunque infilato anche questa bramosia di distruggere giornali e giornalisti. Però almeno in queste ore poteva tacere. Mentre Antonio moriva. Antonio, 28 anni, giornalista.