Non ci sono terremoti di serie A e di serie B. Non possono esserci, soprattutto in un Paese come il nostro che certe tragedie le vive straordinariamente in termini di solidarietà. E che poi li patisce in termini di dopo-terremoto, dalla burocrazia alle mancate ricostruzioni (probabilmente solo il Friuli ne è rimasto indenne).
L’altra sera delle persone di una associazione benefica, la DaMa Onlus, raccontavano ad esempio di aver raccolto una discreta somma di denaro da destinare ad Amatrice ma di essere rimaste poi impantanate nel fango assurdo della burocrazia, prima di trovare a fatica una “scappatoia” per destinare comunque quel denaro.
Adesso sono 16 anni dal terremoto in Molise, un sisma passato in effetti un po’ in sordina, se non fosse stato per il terribile effetto emotivo del crollo della scuola di San Giuliano e della morte di 27 bambini. Oggi il vescovo di Termoli-Larino affida all’agenzia Sir le sue parole, assai tristi ma anche di esemplare condanna, per questo mesto anniversario. Eccole, senza alcun bisogno ulteriore di commentarle: <Dopo 16 anni cosa è cambiato nel nostro territorio? Molto, e possiamo dire che niente è più come prima. I nostri comuni hanno accelerato rovinosamente la via del declino demografico, sociale, economico, tante piccole imprese sono fallite con la perdita di tanti posti di lavoro (anche a causa della gestione della ricostruzione); l’auspicato rilancio economico si è arenato tra le maglie di una burocrazia maligna, di amministrazioni, a tutti i livelli, ingessate, di farraginosi meccanismi che ritardando interventi promessi, hanno fatto perdere ogni possibilità di ripresa. Non sono mancati casi di sciacallaggio, di ruberie, di scandalose diseguaglianze e palesi atti di ingiustizia”>.