Corinaldo, Corinaldo… da due giorni, da quando lo sento alla tv e lo leggo sui giornali per la strage della discoteca, il nome di questo paese mi risuona nella testa.
Poco fa finalmente l’ho ricollegato: qui nacque, nell’ottobre del 1890, Maria Goretti, futura Santa. Li visse poco (i suoi si trasferirono prima nelle campagne ciociare e poi dalle parti di Nettuno in cerca di terra da coltivare) ma la casa natale della giovinetta è ancora visibile, peraltro a poca distanza dalla discoteca dove hanno perso la vita quei 5 ragazzini e una giovane mamma.
Erano tempi diversi, quelli. Era anche una gioventù diversa, un substrato di valori familiari differenti, molto differenti da quelli di oggi. Che già chiamarli “valori” è una bestemmia in piena regola. Allora, si cantavano le canzoni popolari nei campi, le lodi a Dio alla Messa dell’alba, si strappava un altro tozzo di pane per mandare comunque un figlio a scuola. Nessuno “cantava” la droga, le assai presunte “libertà” di ogni tipo che ti portano a veder spuntare il giorno dietro un vuoto assoluto e l’ansia di genitori che aspettano, tanto meno sbeffeggiava l’istruzione.
E’ a Maria Goretti, la piccola grande Santa della purezza,che tanti giovani dovrebbero prendere a modello per ridare un senso a vite così vacuamente fuori dall’ordinario (e figuriamoci poi dallo straordinario che c’è in ogni esistenza umana), è a lei che mi sento di affidare quei ragazzini, quella mamma. Insieme a tutto il dolore ora scolpito in chi prosegue sulla strada di questo pellegrinaggio terreno. Che solo noi rendiamo più mesto.