Quello di Artaban era nome assai vago nella mia memoria, forse riconducibile alle scuole elementari delle brave suore di santa Maria De Mattias, quando il Natale era davvero una festa che durava più giorni e così l’arrivo dei magi, compreso il quarto, ovvero Artaban. Che in realtà non arrivò mai. O forse è davvero arrivato, nel senso che ha comunque compiuto il cammino della vita – e di una vita – che porta al Mistero. Un cammino che racconta da par suo l’amico e collega Mimmo Muolo, vaticanista di Avvenire e già autore di altri fortunati libri, in questo splendido “Per un’altra strada – La leggenda del Quarto Magio”, un romanzo-regalo da mettere sotto l’albero.
Muolo racconta dunque il viaggio in perenne ritardo di Artaban e le pagine si fanno parabola del viaggio di ognuno di noi, con elementi imprescindibili, narrati sotto una bella scorza evangelica che non fa mai male (e la cui rimozione ci ha portati al mezzo disastro contemporaneo di perdita di tanti Valori, ma questo è un altro discorso…).
Gli elementi che disegnano la traiettoria di questo racconto sono diversi e lasciano il segno attraverso le parole di Muolo, ad iniziare ovviamente dalle figure degli altri tre magi. Come Baldassarre che ad Artaban racconta: <Più avanzo negli anni, più mi convinco che Dio ha creato i fiumi non solo per darci da bere e per irrigare la terra bruciata dal sole, ma anche perché noi li imitassimo. Pure la nostra esistenza scorre tra gli argini delle vite altrui. E s ognuno tenesse la sua acqua per se, il mondo sarebbe finito da tempo>. Quel Baldassarre che in dono recherà mirra e al quale Muolo fa dire ancora: <Tempo verrà in cui l’incenso a lui gradito sarà il profumo della misericordia, l’oro il grido dei poveri da ascoltare e consolare e la vera mirra sarà l’eterno tempio nel corpo di ogni uomo>.
E’ ancora Baldassarre che si volterà più volte, sperando di veder arrivare Artaban, perché tutti siamo attesi lungo una strada che non è altro che l’invito a non perderci più. E Artaban, oramai vecchio anche nel racconto di Muolo, la sua strada la troverà, eccome se la troverà, nelle pagine finali e oltremodo coinvolgenti di questo libro.
C’è poi l‘elemento del “pensare”, che l’Autore tratteggia così: <Un pensiero non lo vedi, non lo tocchi, non ha odore né consistenza, ma alla fine precede ogni azione umana>.
E naturalmente c’è l’elemento dominante del “viaggio”… <e ogni viaggio ha il profumo della meta>, dirà Gaspare che proprio il profumo dell’incenso porterà in dono al Bambino <e per un Dio non c’è regalo più appropriato>.
E poi ancora: Il tempo e il suo senso. Quel senso del tempo che, assieme al valore del corpo e alla simbologia della strada, per Artaban non saranno più elementi astratti <divenendo parte della mia storia e del mio bagaglio di esperienze>. E qui, ancora una volta, prende la voglia matta di diventare Artaban, di ritrovare la stella, di seguirla in tutti i tornanti della vita, compreso quel deserto (e quanti deserti attorno a noi, ma non ancora dentro) che Artaban attraverserà nel rincorrere la Sacra Famiglia, dopo che a Betlemme è arrivato in ritardo. Fino al Golgota, quando Gesù inviterà Artaban a voltarsi per guardare comunque i doni preziosi che, nel cammino, ha saputo dispensare. E davvero sembra che inviti ognuno di noi a fare altrettanto, o almeno a darsi da fare per non sprecare tanti doni nel viaggio della vita.
Mimmo Muolo, Per un’altra strada, Paoline, 2020, pagine 224, euro 16