Avrei tante cose da dire sul Meeting di Rimini – esperienza che torno a frequentare sempre con piacere – ma, a parte il fatto che un mio eventuale “pistolotto” non credo interessi alcuno, l’unica parola che mi viene in mente adesso è “amicizia”.
Sì, AMICIZIA. E non solo perché è parola iscritta nel dna di questa intuizione – “Meeting per l’amicizia fra i popoli” è la dicitura completa della kermesse riminese – ma perché è quello che sperimento ogni volta tra quei padiglioni della fiera.
Amicizia con quelli che incontri e mai ha conosciuto prima; amicizia con quelli che ritrovi (spesso una sola volta l’anno, proprio al Meeting); amicizia con quelli che sono tuoi amici – anche di questa esperienza di fede – e che al Meeting ogni volta ri-scopri più veri, più umani, più amici: in fila per una mostra, ai tavolini dei punti-ristoro (e ogni volta quante simpatiche discussioni su quale scegliere), tra i volumi della grande libreria.
Se non ci fosse questa cifra dell’amicizia, credo che il Meeting non avrebbe raggiunto la… cifra delle 40 edizioni. E aspetto con ansia di ripercorrere questa storia anche grazie al libro del caro amico Salvatore Abbruzzese che esce proprio in questi giorni.
Ecco perché anche quest’anno andrò (pochi giorni, e non senza grandi sacrifici, ma basteranno a ricaricare le pile) per fare questo “pieno” di amicizia. Grato a don Giussani per aver gettato il seme anche su questa terra, poi fecondata da tanti, in operoso silenzio: le polemiche le lascio a chi non sa altro, a quelli che ancora scrivono sui social “cloro al clero”, ai colleghi giornalisti che già preparano paginate di “comunione e fatturazione”.